Perché Pietredimemoria

…nel giardino, sotto il faggio di porpora, fra il macigno del Sabotino, fra il Leone di Sebenico e la mitragliatrice austriaca di Asiago, è un lembo di prato, quasi frammento di vasta prateria…

...Tra queste pietre di memoria, tra questi massi discesi dai monti della Guerra, è uno spiazzo angusto ove il vento nel piegare l’erba sembra recare l’alito di una vastità remota, di una smisurata libertà…

da “Libro Segreto” di Gabriele D’Annunzio

La “Grande Guerra, prima guerra mondiale, rappresentò per l’Italia un vero e proprio dramma collettivo vissuto trasversalmente dall’intera società. In quattro anni, dal 1915 al 1918, morirono, direttamente o indirettamente, quasi un milione di italiani.
Negli anni immediatamente successivi la memoria di quell’evento diede vita a un’epopea storica ed umana dai contorni frastagliati, in qualche modo unica nel suo genere. Un’epopea scaturita dal ricordo della scarna e stentata vita quotidiana lungo i diversi fronti, dalla mitologia di eroismi più o meno consapevoli, dal racconto dell’inevitabilità e della rassegnazione verso la morte “di massa” nei diversi campi di battaglia, nella claustrofobia di una trincea o in una postazione fortificata.

Nascere alla fine degli anni ’50 in un paese che fu parte integrante di uno dei più simbolici fronti di guerra, la “linea del Piave ”, significava vivere ancora pressoché immerso nell’epopea, drammatica e allo stesso tempo eroica, della Grande Guerra.
Significava non poter evitare di leggere la perentoria dichiarazione “Piave fiume sacro alla Patria ”, o di sostare accanto a un grande monumento dalla futuristica e stilizzata forma di un aereoplano, o ancora di passare accanto a lapidi e cippi di diversa grandezza che celebravano la memoria di armi e battaglioni che operarono su questo fronte. Significava anche non potersi sottrarre dal conoscere melodia e parole della “Canzone del Piave ” che ogni 4 Novembre, allora giorno di festa, la fanfara dei bersaglieri faceva risuonare nei luoghi di monumenti o di passate battaglie in presenza di gruppi sempre più sparuti di reduci.

Certo, più viva, vicina, ed aperta, risultava essere la ferita del secondo conflitto mondiale, a cui molti dei nostri padri avevano direttamente partecipato. Eppure quel suo carattere di guerra in gran parte non voluta e segnata dagli esiti negativi di una guerra civile faceva sì che la memoria di quanti vi erano scomparsi non fosse, per chi non l’aveva vissuta direttamente, così presente come lo era invece quella dei caduti nella prima delle due guerre mondiali. Una memoria che, per il carattere e la storia stessa del primo conflitto, unita al particolare scenario sociale dell’immediato dopoguerra, continuava, per di più, a perpetuarsi concretamente attraverso le diverse testimonianze monumentali presenti in moltissimi paesi, non solo delle allora zone di guerra, ma in tutta l’Italia.

Mio nonno Francesco la prima guerra l’aveva combattuta ed era riuscito a tornarne vivo, ma pare non ne parlasse molto. Mio padre Aldo, uscito fortunatamente indenne dalla seconda, per gran parte della sua vita si è interessato alle tante vicende della Grande Guerra combattuta nei dintorni del suo paese natale.

Lo vedo ancora mio padre, negli anni ’80, in compagnia di due amici, entrambi “ragazzi del ’99 “, trascorrere pomeriggi di festa nei luoghi di guerra tra Losson della Battaglia, Croce di Musile, Fossalta e Zenson di Piave in un percorso della memoria lungo il quale i due anziani “ragazzi ” alternavano, con ricchezza di particolari e grande emozione, fosche visioni di morte e momenti epico-eroici di un periodo che aveva profondamente segnato la loro giovinezza. Così pure ricordo bene quando, passando in macchina lungo il Piave, mio padre indicava luoghi di battaglie e di scontri, a sentir lui, anche “cavallereschi ” tra singoli ufficiali austro-ungarici ed italiani. In parte eventi reali, in parte piccole leggende di guerra tramandate oralmente che per il bambino di allora rivivevano in quei luoghi e lì, per me adulto, vivono tutt’ora.

Anche oggi non so realmente spiegare perché sentivo, e sento, così vicini a me quei cippi, quei monumenti grandi e piccoli, quelle iscrizioni in un italiano così lontano dal mio e soprattutto quei volti, i volti sbiaditi dei caduti rinchiusi per sempre nei loro dagherrotipi. Eppure fin da allora avevo già deciso di cercare di riunire un giorno in un unico “luogo” molte di quelle testimonianze e di quei ricordi.

Pietredimemoria si interessa di un particolare aspetto del “ricordo” della Grande Guerra. Un punto di vista che ancora oggi fa arrivare fino a noi il nome e la muta testimonianza di quanti perirono in quei lunghissimi quattro anni agli inizi del ‘900.

Il sito intende mettere a disposizione dei visitatori una documentazione fotografica e descrittiva dell’esistenza e delle principali caratteristiche dei monumenti dedicati ai caduti nella Prima Guerra Mondiale presenti in molti paesi e località del Triveneto. Luoghi che hanno vissuto la guerra molto spesso in “prima linea” offrendo, come del resto tutta l’Italia, non solo un tributo di sangue, ma anche un tributo di testimonianza stessa del fronte di guerra che li ha concretamente attraversati.
Le schede dedicate ai monumenti non intendono definirne una semplice esistenza contabile, ma cercano di farne valutare lo stato, la presenza nel territorio e il loro inserimento nell’attuale panorama urbano. Il tutto nell’intento di offrire al visitatore la conoscenza di questo particolare, e in qualche modo unico, tesoro architettonico visto “dal basso”, partendo cioè non dai grandi e un po’ prosaici manufatti architettonici degli anni ’30, i cosiddetti monumenti-ossari, ma dai tanti piccoli monumenti di provincia sorti, dall’immediato dopo guerra fino alla fine degli anni ’20, in località spesso sconosciute, ad opera quasi sempre di gruppi spontanei di persone che intendevano porre al centro delle loro piccole “pòlis ” il ricordo sociale e comunitario di quanti erano stati sommersi dalla marea nera della Grande Guerra.

      Questo sito è dedicato, in particolare, a tutti quei volti sconosciuti a cui le mutate dinamiche della nostra società non offrono più il tempo o la voglia di essere ricordati, relegando i loro nomi scolpiti su quelle piccole testimonianze di pietra al semplice passato piuttosto che consegnarli alla nostra storia.